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West Coast “State of mind”

Le spiagge, il surf e la musica dei Beach Boys

Pensate per un attimo alla California.

Il sole, le onde, l’oceano, il surf. Un’atmosfera unica.

Tutto questo, trova la sua massima espressione con la musica dei Beach Boys.

60 anni di carriera per questo gruppo che nasce a Hawthorne, una città a sud-ovest di Los Angeles nel 1961. Cavalcando le onde californiane stravolgerà il genere pop dando vita ad un genere
musicale unico: la “Surf Music”.

Sono i fratelli Wilson (tra cui il genio di Brian), Mike Love, Al Jardine, Bruce Johnston e David Mark.

I Beach Boys in una foto dell’epoca.

Anni Sessanta.

In America, la quintessenza dello spirito rock’n’roll è in California. Uno stato che segnerà importanti trasformazioni sociali e culturali.

Lungo le spiagge, da Los Angeles a Santa Monica passando per Redondo Beach, si definisce un nuovo “stile di vita” tra giovani americani. C’è fermento, voglia di libertà e trasgressione. Hippies, rock n’ roll , folk rock, blues.

La musica lungo la west coast prende il sopravvento e trascina la marea di giovani lungo le strade di Los Angeles. Musica di alto livello suona nella città degli angeli.

La west coast ha i suoi gruppi più rappresentativi: I Jefferson Airplane, i Grateful Dead, i Byrds, i Buffalo Springfield ed i Quicksilver Messenger Service. The Lovin’ Spoonful, America, Eagles, Doobie Brothers, e Neil Young con varie collaborazioni con David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash, mentre tra i singoli artisti, altri esponenti furono Joni Mitchell, James Taylor, Jackson Brown.

Ad ognuno il suo genere. Ognuno ha il suo spazio, la sua identità.

I Beach Boys in quegl’anni diventano i pionieri ed eroi indiscussi del surf pop. Il loro è uno stile spiccatamente vocale, caratterizzato da armonie derivate dal doo-wop. Profonde radici rock’n’roll e da una trascinante vitalità, che si tradurrà presto in un enorme successo.

La band, dietro all’ascesa esponenziale, nasconde un segreto. Quel misto di disarmante ingenuità e tenue malinconia. L’oscillare permanente tra sogno e disincanto. Come se l’estate narrata nelle loro hit fosse l’ultima stagione dell’innocenza Americana.

Tra i cinque ragazzi da spiaggia, svetta il genio musicale di Brian Wilson. Un talento innato, folgorato dalla musica a soli due anni. Secondo la leggenda ascoltando la “Rapsodia in Blu” di George Gershwin.

Brian è sin dall’inizio il fulcro creativo e compositivo della band. Un vero genio assoluto come lo definì lo stesso George Martin (produttore dei Beatles).

I Beach Boys sono lo “state of mind” di spiagge e West Coast. Binomio che accompagna da sempre il mito della California, unito ai loro capolavori indiscussi.

Il loro album Pet Sounds, ancora oggi è una pietra miliare del genere, unico e irripetibile. Unanimemente riconosciuto come uno degli album più influenti della storia della musica pop. Un album che contiene hit del calibro di Wouldn’t It Be Nice, God Only Knows, Sloop John B.

LA copertina dell'album "Pet Sounds"

Il loro surf pop, con il passare degl’anni, ha trovato la strada per diventare qualcosa di molto più profondo e ambizioso. Ha lasciato un segno indelebile nei decenni successivi, nell’immaginario popolare della California.

Una stella, quella dei Beach Boys che ci riporta in un attimo proprio lì. A quell’America che, uscita dall’età felice degli anni Cinquanta, avrebbe rimpianto per sempre la perdita dell’innocenza. I mitici juke box, la spensieratezza, gli happy days, i Drive in, il surf e i motori ruggenti. Gli anni celebrati nel film “American Graffiti”. Un movie che sulle prime può sembrare allegro, in realtà profondamente tragico, e di cui i Beach Boys faranno da perfetta colonna sonora.

In tutte le loro canzoni, ritrovo quell’America surf-rock che ho sempre immaginato nella mia testa. Sole, palme, spiaggia e surf.

Quella immortalata dai Beach Boys è un’estate che pare essere eterna. Un illusione utopica che si schianta violentemente con l’immagine della fine di questa meravigliosa stagione. Soprattutto negli anni 50/60. I sogni, le speranze i ricordi.

Motivo per cui, in tutte le canzoni della band Losangelina, anche nel più spensierato e frivolo ritornello si nasconde sempre, un giusto mix di tristezza e malinconia.

Buona vita!

 

Michele Cecchinelli

Pontederese classe '80. Trasferito a Firenze per seguire gli studi artistici. A Milano ho trovato una moglie siciliana. Da qualche anno adottato a Cascina (PI) in una dimensione piacevolmente bucolica. Musicomane per tradizione familiare, ho i cromosomi del viaggiatore "zaino a spalla".

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